domenica 14 dicembre 2008

La Riserva

Nel paese dove mi trovo ora, esistono le “Riserve indiane” scampoli di territorio, quasi sempre inospitali, dove per gentile concessione del governo sono confinati gli ultimi superstiti di quelli che un tempo furono i proprietari di questa terra. Non tutti gli “indios” stanno nelle riserve, molti hanno deciso di cercare di accettare le diverse condizioni di vita imposte dal nuovo mondo creato dai “conquistatori”, e vivono – malamente- nella società degli uomini bianchi. Nelle riserve stanno quelli incapaci di adattarsi, e che ostinatamente, persistono a voler vivere secondo il loro ancestrale stile di vita.
Sfogliando le patinate riviste del mondo della vela – che esistono anche qui -, guardando su internet le regate “virtuali” di moda in questo momento, mi sento sempre più vicino agli indios che hanno scelto di ritirarsi nelle riserve.
Sto solo aspettando che aprano una “riserva per velisti obsoleti” per potermi ritirare tra i pochi superstiti miei consimili. So benissimo che in questo modo mi esporrò' allo scherno ed al ludibrio dei nuovi turisti che verranno a visitare la riserva, come ci si reca allo Zoo o al Circo Equestre. Giovani aitanti, vesti con capi di avveniristico abbigliamento tecnico “griffato”, accompagnati da biondissime bamboline plasticose, ci additeranno sghignazzando:
- “Guarda quello, quello con i bermuda stracciati, là in fondo sta girando a mano con una manovella un antico verricello! - E quell'altro, con la pipa ed il cappellino di lana, sta attaccando con dei ganci una vela a un cavo metallico, e la issa a mano tirando su una corda! - Incredibile, non ci posso quasi credere, quella signora ancora carina, sulla piccola barca gialla, usa una barra di legno per pilotarla!”-
Noi faremo tutti mostra di non vederli e di non sentirli, e continueremo imperterriti a navigare riportando la nostra posizione su un pezzo di carta usando una matita, scruteremo l'orizzonte strizzando gli occhi o attraverso le lenti di un banale binocolo, e proseguiremo cosi tranquilli, fino a quando l'ultimo di noi non si sarà estinto, e ne rimarrà solo lo sbiadito ricordo su qualche vecchia fotografia.

Da bordo del Jonathan sul Rio della Plata

domenica 7 dicembre 2008

Perchè in Antartico ?




L'altro giorno stavo attendendo il mio turno nella sala d'attesa di una clinica traumatologica di Buenos Aires,- tendinite alla spalla, infiltrazione di cortisone, non silicone!- quando la mia attenzione venne improvvisamente attratta da una notizia dell'ultima ora lanciata dalla televisione che sempre accesa per aiutare i pazienti ad ingannare la lunga e noiosa attesa.

Una nave da crociera si era incagliata su un banco di ghiaccio nella Penisola Antartica, ed erano scattate le operazioni di soccorso per evacuare i circa cento passeggeri presenti a bordo, e per cercare di arginare i danni ambientali provocati da una importante fuga di gasolio.
La “Ciudad de Usuhaia”, bandiera Panamense, fa parte delle decine di navi da crociera che, con l'avvento dell'estate Australe, ogni anno organizzano “Viaggi avventura” da Usuhaia alla Penisola Antartica. Si è incagliata il 5 dicembre alle 14,00 UTC.
Queste crociere di lusso sono una moda che sta aumentando ogni anno, si calcola che negli ultimi quindici , il numero di navi da crociera che si recano in Antartide sia quintuplicato! Sono, naturalmente, molto preoccupato per i danni ambientali che questo ennesimo incidete sta provocando – l'anno scorso, nel medesimo periodo, un'altra di queste navi s'incagliò su un banco roccioso, ed alla fine affondò sul posto , provocando un grave inquinamento (fortunatamente senza nessuna vittima) – ed anche moderatamente dispiaciuto per i disagi patiti dai passeggeri, e sopratutto dall'equipaggio. Ma non posso che fare considerazioni negative su questa costosa moda, ed al fine pensare che un poco di vera “avventura” non faccia male agli incauti turisti aantartici.
Pochi giorni prima di questo incidete ho avuto modo di ascoltare Isabelle Autissier e Érik Orsenna, che presentavano il loro prossimo viaggio in Antartide, a bordo di “Ada 2”, uno sloop di 15 metri , in alluminio, vecchio di trenta anni (disegno di Joubert), viaggio organizzato nell'ambito del progetto : “Pouqua pas l'Antartique?”. Isabelle ed Erik, spiegarono all'affollata platea di appassionati velisti Argentini, che si recavano in Antartide perché questa è una delle ultime regioni incontaminate del globo, ed è necessario dare dei segnali per la sua salvaguardia, un viaggio con un mezzo ecologico, ben attrezzato , come può essere un veliero condotto da una tanto esperta navigatrice, non può essere, in effetti, che un segnale forte. Il problema è quanti avranno modo di ricevere questo segnale, e quanti, invece, saranno sempre di più attratti dalle crociere d lusso, che al costo di diverse migliaia di dollari, offrono la sensazione dell'avventura, ben calmierata dalla “SPA” di bordo, dalla raffinata cucina, e da un'organizzazione della sicurezza, apparentemente a prova di bomba. Quando dopo alcuni giorni tra i ghiacci, li si vedono sbarcare sul molo di Usuhaia, s'atteggiano tutti a novelli “Schakleton”, naturalmente però, rivestiti da griffatissimi abbigliamenti super-tecnici di ultima generazione!
In realtà l'organizzazione della sicurezza, ha spesso gravi falle – metaforiche e reali – ed il viaggio di piacere può rivelarsi completamente differente dalle aspettative. Il segnale che viene lanciato, ma forse da pochi capito, non è dei più edificanti: lusso. spreco ed inquinamento. ii progetto di Isabelle, che approvo incondizionatamente , mi sembra, a questo punto quasi patetico ed inane.
Forse neppure questo angolo del pianeta riuscirà ormai a salvarsi!
Non ho mai seriamente pensato di recarmi navigando fino in Antartide, è un clima ed un livello di rischio e sofferenza che non è più nelle mie “corde”, ma inizio a pensare che forse, anche noi viaggiatori del mare, dovremmo rinunciare a questi progetti superbi e pieni di pathos, lasciamo tranquillo questo grande continente di ghiaccio, lasciamolo a piccoli e selezionati gruppi di ricercatori e di scienziati, e speriamo che non ci svelino presto tutti i suoi misteri, in modo che ci possa rimanere ancora qualcosa su cui sognare.

Da bordo del “Jonathan” - Rio della Plata – 7/12/2008


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